Francesco Camusso nasce a Cumiana il 9 marzo 1908 e già all’età di 21 anni entra nella rosa dei professionisti del ciclismo per la sua abilità di scalatore su strada, che nel gergo sportivo indica quel grimpeur (corridore) specializzato nelle tappe in salita e nelle corse molto ripide. Si guadagna così il soprannome di “Cichìn, il camoscio di Cumiana” con cui ancora oggi è ricordato.
I primi pedali e le prime vittorie
Di carattere riservato e modesto tanto nella vita privata quanto in sella alla bicicletta, Camusso pedala scalando percorsi, curve e pendii e nel 1929 entra nella Gloria, la squadra italiana maschile dando il via alla sua troppo breve carriera ciclistica. Già l’anno successivo ottiene i primi importanti risultati: vince la Coppa Martini & Rossi e la Milano–Savona, ottiene il secondo posto nel Campionato Italiano degli Indipendenti ma ancora più significativo è il suo esordio al Giro d’Italia, dove, nella tappa Catanzaro – Cosenza di 119 chilometri si aggiudica il secondo posto.
Tuttavia, pur avendo solo 22 anni ed essendosi anche ritirato a meno di un giorno dalla fine della gara, il Cichìn non si arrende e si ripresenta, l’anno successivo, alla gara. Per vincerla.
Maglia rosa e gloria: la vittoria di Camusso
Alla diciannovesima edizione del Giro d’Italia si iscrissero 118 ciclisti, di cui 40 divisi in gruppi di 7 componenti che andavano a rappresentare le squadre professioniste e i restanti 78 chiamati “isolati” in quanto non appartenenti a nessuna squadra. Il 10 maggio 1931, giorno di inizio del giro, ai nastri di partenza si contarono 109 corridori.
Dodici tappe per un totale di 3001 km, e per la prima volta comparve anche quella che divenne il simbolo del giro: la Maglia Rosa, ideata da Armando Cougnet de La Gazzetta dello Sport in omaggio al colore della carta del giornale che aveva inventato e organizzato la corsa. Colore criticato da alcuni gerarchi del Partito Fascista che non vedevano rappresentato, in quel rosa tenue, il carattere forte e indomito del popolo italiano.
Il primo a indossarla proprio nella tappa di inizio, la Milano–Mantova, fu Learco Guerra, uno dei principali rivali di Camusso, che consacrò il primato anche nella seconda tappa per poi cederla alla terza, la Ravenna–Macerata, ad Alfredo Binda. Anche Binda la conserva per la tappa successiva, la Macerata–Pescara. Passa di nuovo, questa volta sulle spalle di Michele Mara, poi Ettore Meini, ancora Guerra per due tappe, di nuovo Mara e Luigi Giacobbe alla fine della decima tappa. Camusso sempre troppo indietro.
Ma è a due giorni dalla fine del giro che le cose iniziano a cambiare. Lungo la tappa Cuneo–Torino, anche chiamata “del Sestriere”, Giacobbe è ormai sicuro della vittoria, e non presta attenzione a Camusso che si ferma per alcuni minuti senza proferire parola a inizio tappa. Prima di attaccare la salita del Sestriere i corridori si fermano: bisogna cambiare il rapporto. In quegli anni erano solo due, uno per le salite e uno per le pianure. Mentre i ciclisti scendono dalle selle per quel cambio di pochi minuti, solo uno rimane in sella e sfreccia loro accanto. È Camusso, che, come un vero camoscio di cui è portatore fiero del nome, inizia l’arrampicata un tornante dopo l’altro.
Lungo la discesa darà infine il colpo di grazia dilatando ancora di più il distacco dagli altri con tre minuti e dieci secondi di vantaggio.
L’ultima tappa Torino – Milano è unicamente sua: Francesco Camusso vince il Giro d’Italia, indossando quella maglia rosa simbolo di passione e sacrificio e si consacra come uno dei più grandi scalatori del suo tempo, nascendo ufficialmente come campione ancora oggi indimenticato.
Gli anni d’oro: Vittorie e conferme
La stampa, tuttavia, si impegnò a sminuire il successo di Camusso alludendo a una vittoria ottenuta solo grazie al ritiro, durante il Giro, dei rivali Guerra e Binda. Camusso non si scompone e l’anno seguente partecipa alla Tre Valli Varesine dove arriva secondo, al Giro di Campania dove vince la 4° tappa e al Tour de France dove si aggiudica la 10° da Cannes a Nizza, per chiudere al terzo posto nella classifica generale. Partecipa anche al Giro, ma è costretto a ritirarsi dopo pochi giorni. Nel 1933 partecipa alla prima edizione della gara Parigi–Nizza e vince la 6° tappa. Concluderà la gara al sesto posto nella classifica generale.
Ma è nel 1934 che finalmente Camusso mette a tacere le malelingue: nella gara Milano–Sanremo si guadagna il terzo posto, ma è nel ritorno al Giro che torna a indossare anche la Maglia, vincendo la prima tappa. Durante il resto del giro, saranno Guerra e Olmo i rivali agguerriti di Camusso, che tuttavia non risparmia pene e dolori ai compagni di gara quando c’è da spingere in salita. Tornerà a indossare ancora la maglia nella 13° tappa Firenze–Bologna, staccando da Guerra con un margine di due minuti e quarantacinque secondi.
Nelle tappe successive la situazione si ribalta e la maglia torna a Guerra che la conserva fino alla fine vincendo l’edizione del Giro, nonostante l’ottima prestazione del Cichìn che stacca dal rivale di soli 51” ottenendo il secondo posto nella classifica generale. Sempre quell’anno il Camoscio di Cumiana partecipa al Giro di Svizzera chiudendo al terzo posto e arriva sesto al Giro di Lombardia e terzo al Giro della Provincia di Milano. Chiude l’anno e conquista anche la Maglia degli Scalatori.
A questo link alcune foto e articoli dell’epoca.
Gli ultimi anni in sella
Nel 1936 Camusso entra nella Legnano ma non inizia bene: è costretto al ritiro sia al Giro che al Tour, tuttavia, conquista una vittoria in quest’ultimo nella 7° tappa la Aix-les-Bains-Grenoble di 229 chilometri: dove c’è da scalare, il Camoscio scala e vince.
Nello stesso anno entra in squadra colui che diventerà un altro grande corridore e compagno di Camusso, Gino Bartali. Anche lui grimpeur, anche lui con la voglia di vincere e infatti si aggiudica la maglia anche grazie al supporto in gara del Cichìn. Per Camusso però inizia la discesa.
Lascia la Legnano per entrare nella Il Bertoldo l’anno seguente, e partecipa al Tour de France con Bartali che, per una caduta in un torrente è costretto al ritiro. Sarà Camusso a salvarlo e prosegue la corsa nonostante lo svantaggio di tempo. Ed è nella prima semitappa del 13° giorno che il Camoscio torna in classifica e vince. Alla fine del Tour salirà sul podio al 4° posto.
L’ultimo anno da professionista lo passa tornando nella Gloria, la squadra degli esordi, ma vince solo la gara Nice-Mont Agel e a soli trent’anni appende la bici al chiodo e apre un negozio di articoli sportivi a Torino.
L’omaggio a un campione
Siamo alla 74° edizione del Giro d’Italia, che l’8 giugno 1991 nel corso della 13°esima tappa Savigliano–Sestriere passa proprio da Cumiana, dove ancora vive il Camoscio. Il campione in carica Franco Chioccioli, il veterano Vincenzo Torriani e il vecchio compagno di squadra Gino Bartali, si inchinano e rendono omaggio al vecchio campione Francesco Camusso, che commosso li abbraccia tutti.
Si spegnerà, all’età di ottantasette anni, il 23 giugno 1995. Ma per coloro che sono cresciuti e hanno scalato le strade in sella alla bici ispirati alle sue imprese e alle sue vittorie, il Camoscio di Cumiana resterà un campione indimenticabile.
E oggi il legame con la bicicletta – in tutte le sue forme è una tradizione che Cumiana continua a portare avanti con passione.